
Il nostro motto dice proprio così, avete letto bene.
Perché la mia è una storia particolare e le parole son state sempre incredibilmente taglienti da quando sono nato.
La prima -prematuro- arrivò di fretta insieme a me, ma rispetto a quel che poi abbiamo imparato, vivevamo una prematurità felice di un bimbo nato troppo presto ma molto sano.
Troppo sano (che beffa eh!) così che fui dimesso un mese prima della data che sempre ci era stata detta e che ormai sapevo a memoria. Che gioia che fu. Otto giorni di gioia, che si arrestarono col mio cuore, il 4 ottobre 2013, mio 50esimo giorno di vita: “morte in culla” arrivò come parola.
E poi “rianimazione”, “coma”, “stato vegetativo” : parole enormi per un bambino piccolissimo. Parole che poi hanno preceduto “tracheostomia”, “disfagia”, “tetraparesi”, “paralisi cerebrale”.
Mamma mia quante parole assurde, ma come farò?
Di questa rivoluzione allora vi voglio raccontare, di come sovvertimmo ogni lettera che le componeva per costruire parole tutte nuove, sempre più vicine alla felicità.
Tetrabondi siamo: tetraplegici, vagabondi, sognatori, combattenti.
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